Domo, bed and breakfast e parole a caso

Domo

Un mio vecchio amico usa la parola “scienziati” per definire certi fenomeni umani che occupano poltrone di potere i quali, in momenti particolarmente drammatici per la popolazione, hanno delle idee.

Domo

Domo è una parola che non esiste né in italiano né in latino. O meglio, esiste un participio passato dal verbo “domare”, e una variante della parola “duomo”, a indicare una cupola in geologia. E chi se ne frega, direte voi!

Abbiate pazienza… Domo!

Per chi è moderatamente ignorante (o colto, dipende dai punti di vista), può ricordare la parola latina domus, che indicava la bella casa delle zone centrali della città dei ricchi patrizi romani, per distinguerla dalla villa rustica, che invece era in campagna.

Bene, ma non benissimo!

Dicevamo? Ah, si: domo.

In data 27 febbraio degli scienziati della regione decidono che per legge le strutture ricettive che fiscalmente sono affittacamere dovranno chiamarsi Domo. E perché non “paltò” o “cesarei” o “rabarbi”? Tanto è una parola a caso, formata da sillabe incollate con il vinavil e non con il cervello, quindi cosa importa?

La cosa ci interessa molto perché aiuta il turista a non capire veramente più nulla! E perché la cosa mi tocca molto: fiscalmente siamo un affittacamere.

Lo siamo perché abbiamo 2 posti in più rispetto a quelli che per legge spettano a un b&b, e ci teniamo a fare le cose a modo. Fintanto che chi governa si comporta altrettanto bene!

Ma facciamo un salto indietro, e ragioniamo dalla parte di chi in vacanza ci va, non di chi crede di aver capito le cose della vita e del commercio e soprattutto crede di lavorare (a caso) dimenticandosi che è allo Zelig che si fa cabaret, mentre qui si sta lavorando!

Mi devo calmare! Respira.

Quindi: se vado in vacanza, un po’ come tutti, voglio cercare una sistemazione che assecondi le mie esigenze contingenti ed economiche, quindi un campeggio (chemping), una casa in affitto, un bedendbrecfast, un agriturismo o un òtél (hotel). Scrivo così, in modo che se qualche “scienziato” mi leggesse, potrebbe capire. Visto che attribuisce nomi a caso a cose a caso, meglio usare un linguaggio simil-fonetico.

Scusate, stavamo dicendo che magari io, turista smaliziato, cerco un villaggio, o se mi sento particolarmente figo, un resort. Ma siamo già in un territorio complesso… Resort, mamma mia!

Lasciamo da parte il resort (resòrt).

Quando cerco un òtél (hotel), una pensione, un ostello o comunque una sistemazione, guarderò quante stelle ha, e se proprio proprio sono un vecchio volpone guarderò i reiting (rating o graduatorie) sulle piattaforme del turismo come tripadvisor (che inspiegabilmente si chiama “trip”+”advisor”, ovvero consiglio per il viaggio, e non “patafrulli” o “Sangottardo”) o buching, noto anche come booking.com, proprio per non disorientare la clientela con altre piattaforme a sfondo erotico.

Ma “porca di quella tròia*”, mai e poi mai cercherò un DOMO, che neanche so che genere sia, visto che non esiste e non ha senso etimologico. Un o una “domo“?

Ma porc… Respira! Conta fino a dieci, bevi un bicchiere d’acqua… respira!

Ok, sono calmo… Ma se poi io facessi servizio di bedandbrecfast, ovvero offrissi letto e colazione, come potrei spiegarlo al mio cliente, caro legislatore, visto che mi hai vietato di usare tale formula per spiegare, appunto, il mio servizio?

(con multa da 1000 a 6000 euro, mica una tirata d’orecchi)

Con la parola Domo? p

Per Bacco! Ma ci prendiamo in giro o che cosa?

Già, Bacco, divinità mai abbastanza considerata! Dovrei berci sopra e non pensare, sfruttando il buon tannino per le sue finzioni benefiche, suvvia!

Ma proprio mentre sto per estrarre il sughero a una buona bottiglia, che tenevo da parte per i momenti di sconforto, mi ricordano che devo ostentare, non si sa con quali modalità, il codice IUN, il fantastico Identificativo Unico Numerico, non bastavano il mio nome e la mia partita IVA (Imposta sul Valore Aggiunto). Va beh, stai tranquillo, mi dirai tu, spensierato vacanziero! Si tratta di una sciocchezza.

Ma non ce la faccio!

Domo e IUN… “ma cribbio, nei denti me l’ha dato” (cit.)

Sto per inferocirmi.

E per te, minus habens della gestione della res publica, ma soprattutto del latino e della comunicazione, vuol dire che mi sto incazzando, ma come una bestia!

IUN significa una sola cosa: più comodità per chi controlla (Finanza, Nas, Polizia etc) nel verificare la mia attività e quella di quegli altri poveri cretini che, per non so quale stupido senso civico (da civis, cittadino, parola latina che sta alla base di “civiltà”), sono in regola e si espongono, dimenticandosi invece di quella larga maggioranza che esercita completamente in nero e che continuerà a chiamarsi come più gli conviene.

Perché in Italia se hai una vetrina sulla strada, possono entrare a controllare (e dare multe). Se operi in nero, no! Devono avere un mandato! Quindi, se tu facessi il Carabiniere, con faresti? A buon intenditor poche parole, giusto?

Riassumendo:

DOMO non vuol dire niente e non spiega niente e mi toglie clienti.

IUN vuol dire “paga le tasse anche per chi fa nero, ti controllo sai?”

Non sono calmo, ma reagisco positivamente e rilancio:

il prossimo 27 febbraio, cari scienziati, anziché sparare minchiate “ad cazzum” andate in vacanza, pago io, mi è più economico.

 

 

*locuzione tipica D.O.C.G. della mia nuova terra di adozione, non confondetela con una volgarità, vi prego!